Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma

Parma e i BRICS (Brazil, Russia, India, China e SOUTH Africa), un binomio che all’apparenza può stupire, ma che per due giorni vedrà la nostra città protagonista di una conferenza internazionale dedicata, appunto, ai cinque Paesi emergenti che dominano la scena economica mondiale. Il 6 e 7 novembre, su iniziativa della prof.ssa Lucia Scaffardi, coordinatrice del “BRICS Parma”, l’osservatorio giuridico dell’Università degli Studi di Parma dedicato allo studio del network tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, decine di esperti provenienti da tutto il mondo si alterneranno nell’Aula dei Filosofi (Palazzo Centrale, via Università, 12) del nostro Ateneo per confrontarsi sull’evoluzione, tanto rapida quanto impressionante, di quello che da semplice sigla si è trasformato in vera e propria potenza mondiale, e non solo a livello economico.

“Questa Conferenza che ho fortemente voluto come interdipartimentale cioè nella collaborazione fra il Dipartimento di Giurisprudenza e quello di Economia – spiega la prof.ssa Scaffardi, che insegna Diritto Pubblico Comparato nel Dipartimento di Giurisprudenza del nostro Ateneo -  nasce in realtà da un doppio ciclo di seminari e da alcune Conferenze che ho attivato fin dal 2011 proprio per seguire da vicino la crescita rapidissima dei rapporti tra i cinque Paesi. Ed è stato allora che è nato anche il BRICS Parma, un osservatorio che ha permesso al nostro Ateneo di entrare in contatto con studiosi di ogni parte del mondo interessati al modello BRICS”. I primi due cicli di seminari, ai quali hanno partecipato tra gli altri come relatori anche il Giudice costituzionale prof. Giuliano Amato e il già Presidente del Consiglio prof. Romano Prodi, diventano dunque oggi un appuntamento internazionale, dal titolo “The BRICS group in the spot light. An interdisciplinary approach”.

“Per una comparatista come me – prosegue la docente – è quasi naturale porre a confronto i vari sistemi giuridici e analizzarne le possibili evoluzioni o problematiche. Per la prima volta, in questo caso, analizziamo un modello nel prisma delle varie discipline: l’economia, il diritto e le scienze socio politologiche. Sono molto orgogliosa che tutte le Ambasciate dei Paesi BRICS abbiano dato il loro patrocinio a questa iniziativa insieme al Ministero degli Esteri, a testimonianza che il progetto nato a Parma è comunque seguito con interesse dagli stessi cinque governi”. Altra caratteristica della Conferenza, la presenza di numerosi giovani dei Paesi BRICS, selezionati con una “call for paper” che ha visto una risposta numerosa, tanto da costringere i panel chairs (Paulo Esteves del BRICS Policy Center di Rio de Janeiro, Niu Haibin dello Shanghai Institute for International Studies, Danny Pieters dell’Università di Lovanio, Patrick O’ Sullivan della Grenoble Ecole de Managment e Augusto Ninni dell’Università di Parma) a un duro lavoro di selezione.

I paper che verranno presentati e discussi durante la Conferenza saranno pubblicati fin dal 29 ottobre sul prestigioso sito di Federalismi.it (Rivista di classe A, per gli addetti ai lavori). Ulteriori notizie e link di interesse per il tema sono consultabili sul sito del nostro Ateneo www.brics.unipr.it.

Oltre alle sessioni ufficiali, che si alterneranno dal primo pomeriggio di giovedì 6 al tardo pomeriggio del 7, nell’adiacente Aula dei Cavalieri verranno proiettate le “video relazioni” di una decina di giovani studiosi, anch’essi selezionati dal Comitato scientifico della Conferenza, mentre in chiusura della prima giornata dei lavori si terrà anche la presentazione del volume “Comparative law in legislative drafting. The increasing importance of dialogue among Parliaments”, curato dal prof. Nicola Lupo (della Luiss Guido Carli di Roma) e dalla stessa Lucia Scaffardi. A dibatterne la prof.ssa Tania Groppi dell’Università di Siena e Esin Orücü professore Emerito dell’Università di Glasgow, una delle più apprezzate studiose mondiali sul tema dei Legal Transplant. Le conclusioni della due giorni di convegno saranno invece affidate al prof. Nino Olivetti Rason, dell’Università di Padova.

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FOCUS

Cosa si nasconde dietro l’acronimo BRICS? Non solo cinque tra i Paesi protagonisti del pianeta, ormai in grado di influenzare in modo deciso l’economia e gli equilibri globali, ma anche un network sempre più connesso che si ritrova periodicamente a discutere di riforme, finanza, salute, ambiente e sicurezza. In un mondo sempre più costellato da tensioni regionali, il fatto di una presenza non solo simbolica nei cinque continenti principali racchiude in sé molti significati. E’ anche per questi motivi che Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica non rappresentano solo i rispettivi mondi, ma diventano a loro volta un “continente unico”, vasto territorialmente, ricco economicamente, giovane anagraficamente e soprattutto determinato a sovvertire i paradigmi tradizionali della dinamica est-ovest o nord-sud del mondo.

Numeri e statistiche dei cinque Paesi BRICS (al “mattone” iniziale, frutto della felice intuizione dell’economista Jim O’Neill, si aggiunse in seguito il Sudafrica, Paese cardine della riscossa africana) sono impressionanti per sostanza e prospettiva. Se a questo si lega poi l’influenza socio-politica che va maturando, anche in relazione ad eventi di portata globale in atto, si ha ben chiaro come il considerare i Paesi BRICS una mera aggregazione di analisi accademica sia fuorviante per non dire miope. E anche l’iniziale sufficienza con la quale venne letto da diversi osservatori il primo Summit annuale tra le nuove potenze (siamo nel 2009, a Ekaterinburg in Russia), va oggi reinterpretato alla luce dei più recenti Summit. Un susseguirsi rapidissimo di date, anno dopo anno (nel 2010 il secondo Summit si tenne a Brasilia prima che il Presidente Lula passasse il testimone a Dilma Roussef). Di li si arriverà al Summit di Sanya in Cina, del 14 aprile 2011, anno in cui entra a far parte del BRICS il Sudafrica e che rappresenta la nascita di una nuova era dell’equilibrio geopolitico, era della quale è difficile adesso perfino immaginare tendenze ed evoluzioni.

Da Sanya i Summit continuano a tenersi regolarmente prima a Nuova Delhi, poi a Durban e quest’anno a Fortaleza, altro evento che segna una svolta storica, della quale parleremo oltre. In ogni caso, come si vede, parliamo di una cronologia tanto breve quanto intensa e recente, a testimonianza che i Paesi BRICS non hanno alcuna intenzione di considerare il loro network come una effimera occasione di scambi diplomatici e commerciali.

In pochi anni si è acclarato come il reticolato di interessi e di progettualità che unisce i BRICS sia già in grado di influenzare scelte e comportamenti della comunità mondiale, mentre singolarmente le stesse cinque potenze si muovono con l’indipendenza e la forza dettate dalla rispettiva capacità di gestire al meglio le pieghe della globalizzazione.

Parlavamo precedentemente di Fortaleza e dell’ultimo Summit tenutosi in ordine di tempo. La dichiarazione finale non lascia adito a interpretazioni su come i Paesi BRICS hanno deciso di passare da osservatori a attori e oggi protagonisti. Il “salto di qualità” dell’alleanza è determinato dalla scelta di dar vita, subito e concretamente, alla New Development Bank, definita dai media mondiali “la Banca dei BRICS”, con un capitale iniziale di 100 mld di dollari. Un segnale netto e deciso al sistema finanziario mondiale, accompagnato da un fondo di riserva, il BRICS Contingent Reserve Arrangement, dotato di un identico plafond a tutela delle esigenze dei cinque sottoscrittori.

Ma sarebbe sbagliato limitare al solo piano monetario ed economico il continuo ed incessante intrecciarsi di relazioni e progetti comuni. Sempre a Fortaleza, ad esempio, è stato deciso di lavorare sulle metodologie di ricerca e analisi delle politiche sociali, per meglio definire i modelli di sviluppo dei singoli Paesi e del network nel suo insieme. E ancora una volta, si sono affiancati al Summit ufficiale i forum dedicati ad ambiente e sanità, nonché un approfondito dibattito sulle riforme da attuare per rendere ancora più stringente il rapporto a cinque. Si tratta di politiche che si sono andate via via rafforzando, summit dopo summit, perché sono rilevanti le possibilità di collaborazione su temi condivisi (dall’energia alle ineguaglianze, dalla sicurezza ai trasporti ed alimentare).

Perché si è arrivati a questo? La domanda non deve essere letta assolutamente con una connotazione negativa. Quando grandi Paesi, in specialmodo quelli emergenti, uniscono le proprie forze attraverso scambio di idee e di esperienze, a trarne vantaggio sono sicuramente tutti. Nel caso dei BRICS, la presenza di una potenza mondiale storica come la Russia ha sicuramente pesato in modo non marginale nel pre-giudizio del mondo atlantico e non solo. Ma è importante proprio per questo analizzare senza preclusioni un percorso congiunto che ha in nuce un modello socio-economico tale da determinare scelte importanti per oltre il 40% della popolazione mondiale e il 20% della ricchezza globale. Lasciarlo confinato nel dibattito tra esperti sarebbe sbagliato. La nostra Conferenza si propone di aprire il confronto anche nel nostro Paese.

Abbiamo citato due sole cifre ad ora, che voglio ripetere tale è la portata che sono in grado di generare. Quasi la metà degli abitanti di questo pianeta appartiene ai Paesi BRICS, e un quinto delle sue ricchezze è generato in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. E’ chiaro che le proporzioni non sono simili, ma non facciamoci trarre in inganno dal voler separare le singole situazioni nazionali. I BRICS sono molto più di un concetto, sono una realtà comune da porre agli occhi del mondo con tutta la loro forza, come appunto testimonia la scelta della New Development Bank. E se a queste due cifre aggiungiamo la terza, ovvero che un quarto delle terre emerse porta la bandiera di un Paese BRICS, il quadro di una superpotenza geopolitica è completo. Astenersi dallo studiare nel suo complesso un simile sistema sarebbe errore gravissimo.

Ma se anche volessimo “splittare” percentuali e cifre dei singoli Paesi, vedremmo che gli elementi di relativi debolezza dell’uno sono compensati dall’energia dell’altro. Solo il Sudafrica ha un tasso di disoccupazione elevato (25%), ma nessuno degli altri quattro è in doppia cifra; la ricchezza procapite è modesta in India (poco più di 1000 dollari), ma sufficientemente elevata in Brasile (11mila) e Russia (14mila), ma quello che colpisce è la comune crescita di benessere negli ultimi quindici anni. Molto simili tra loro invece gli investimenti pubblici in istruzione (mediamente il 4,5% del Pil) e in salute (il 4% con l’eccezione negativa dell’India). Si tratta di Paesi a natalità fortemente attiva (tranne la Russia), con popolazione relativamente giovane. Paesi dove l’indipendenza energetica garantisce nuova spinta a industria e investimenti.

Tutto perfetto, dunque? Chiaramente sarebbe sbagliato eccedere in trionfalismi senza avere analizzato a fondo le molte, troppe contraddizioni che caratterizzano i cinque Paesi in esame. Ma anche in questo caso non lasciamoci portare fuori strada dalla singola realtà, quanto cerchiamo di vedere l’insieme delle problematiche in modo da immaginare, se non addirittura verificare, i passi comuni in settori non strettamente legati all’economia e al commercio. Politiche sociali, sicurezza comune, ambiente, diritti, educazione, welfare, energia, cultura, salute sono dossier non elencati in modo casuale, ma veri e propri cantieri aperti nei quali il modello BRICS sta generando se non una posizione comune, almeno un percorso di conoscenza e dialogo che potrebbe riservare sorprese positive a libello globale.

Nell’era dell’informazione e della comunicazione i network rappresentano la forma più sollecita ed efficace per garantire flussi di conoscenza e opportunità di sviluppo. Ed è proprio con questa logica, innovativa e vincente perché resa possibile dalla mancanza, per ciascuno dei cinque Paesi, di un vincolo precedente a blocchi o appartenenze, che  Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica si muovono. Quasi a voler replicare il grande dinamismo che mettono in campo nell’information society, eccoli dunque affiancare al “rito” dei summit politici, una miriade di tavoli di lavoro aperti sui vari dossier “sociali” prima citati, evoluzione naturale di quelli già di successo nei campi economici e commerciali. Network come rete moderna, dunque, ma anche e soprattutto come modello di lavoro, di confronto.

Se tutto ciò ha un senso, e i numeri stanno a dimostrarlo, sarebbe perlomeno opinabile non “leggere” questo percorso anche nell’ottica che la conferenza internazionale di Parma si propone, ovvero quello di individuare il network di regole che sottintende – e in alcuni casi sovrintende – l’esperienza comune di questi Paesi emergenti. Un framework giuridico destinato a diventare sempre più interconnesso e in grado forse di creare in futuro anche nuovi modelli di “stare insieme”, frutto delle diverse esperienze ma innervate ora in un soggetto che si propone come potenza socio-economico di spessore nel tessuto globale. Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica sono oggi cinque realtà di grandissimo impatto nel mondo e quello che potrebbero divenire domani, cresce sotto i nostri occhi e l’occasione offerta dall’Università di Parma potrà aiutarci a comprenderlo.

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