TEORIA E TECNICHE DEL LINGUAGGIO GIORNALISTICO (MODULO B)
cod. 16557

Anno accademico 2009/10
2° anno di corso - Primo semestre
Docente
Settore scientifico disciplinare
Sociologia dei processi culturali e comunicativi (SPS/08)
Field
Discipline informatiche, storiche, filosofiche, psicologiche e pedagogiche
Tipologia attività formativa
Affine/Integrativa
40 ore
di attività frontali
5 crediti
sede:
insegnamento
in - - -

Obiettivi formativi

Il corso - che è parte di un percorso di ricerca che dura ormai da tre anni - si propone di fornire agli studenti una panoramica il più possibile aggiornata delle nuove frontiere del giornalismo, tenuto conto dei nuovi scenari aperti dalla rivoluzione digitale e telematica.

Prerequisiti

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Contenuti dell'insegnamento

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L'idea della crisi prossima ventura del giornalismo è vecchia più o meno come il giornalismo e potrebbe essere oggetto di uno studio sulle invarianti della retorica della professione. Ma nell'ultimo decennio alcune modificazioni dell'ambiente in cui si svolge l'attività giornalistica fanno pensare che si sia veramente di fronte ad una mutazione di paradigma. Una mutazione da cui l'attività giornalistica uscirà profondamente modificata.<br />
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In particolare sono importanti:<br />
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1. La progressiva digitalizzazione dei contenuti editoriali che consente di avere in linea con poca spesa una massa enorme di dati d'archivio e che rende molto meno definiti i confini tra contenuti scritti e quelli multimediali.<br />
2. Le nuove tecnologie (anche queste digitali) che stanno moltiplicando le opportunità di aumentare l'offerta di contenuti anche di fronte a risorse scarse (come le frequenze televisive).<br />
3. Il consolidarsi - in senso verticale (secondo linee di produzione) e orizzontale (con la moltiplicazione dell'offerta) - delle imprese editoriali. In prospettiva l'azienda editoriale - più sofisticata anche dal punto di vista finanziario - tenderà a occupare tutti i canali comunicativi possibili.<br />
4. L'importanza sempre maggiore delle risorse pubblicitarie per tutte le imprese editoriali anche quelle, come i quotidiani, che per un certo periodo le hanno ritenute marginali.<br />
5. Il mutamento del quadro legislativo che - nella maggior parte dei Paesi occidentali - va verso l'ammorbidimento delle rigide barriere antitrust pensate per il mercato editoriale.<br />
6. La rivoluzione del personal computing che rende possibile - con una spesa non eccessiva - l'ingresso sul mercato di nuovi soggetti, abbassando le barriere all'entrata. E rende possibile anche lo sviluppo di un'attività editoriale "no profit" di buon livello.<br />
7. Lo sviluppo di internet che consente in modo quasi gratuito di mettere on line un prodotto editoriale professionale. Questo non vuol dire fare grandi numeri, ma riuscire a raggiungere, praticamente senza spese, una platea di spettatori che possono, peraltro, diventare attori a loro volta.<br />
8. La progressiva convergenza, dal punto di vista dell'offerta, dei vari media - scrittura e contenuti audiovisivi - in un unico contenitore: l'ipertesto. E, dal punto di vista della domanda, la progressiva "crossmedialità" del pubblico: siano essi lettori, spettatori o più genericamente "user".<br />
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A questo segue (sul piano più strettamente giornalistico):<br />
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1. La possibilità di aumentare l'offerta informativa in modo significativo e visibile. Senza i poderosi archivi digitali che ormai sono in linea in quasi tutte le imprese editoriali, risulta difficile comprendere la tendenza alla tematizzazione - pagine monografiche, giornali con una fogliazione media di quasi cento pagine, talk show chilometrici, "instant book" e quant'altro - propria del modo di fare giornalismo contemporaneo.<br />
2. La progressiva ricerca di stratificazione del pubblico. Avendo a disposizione un numero pressoché infinito di canali - pur continuando a considerare essenziali e non in procinto di scomparire i grandi media generalisti - la domanda di specializzazione dei contenuti è in continua crescita.<br />
3. L'importanza per i giornalisti di cominciare a pensare il proprio lavoro in termini multimediali. Per un certo periodo si pensava che la tv fosse il medium trainante. Ora - soprattutto nella comunicazione via internet - anche la scrittura torna ad essere importante, perché serve per organizzare il contenuto. Allo stesso tempo sono sempre più presenti forme di commistione tra il lavoro giornalistico vero e proprio e lo spettacolo (il cosiddetto "infotainment").<br />
4. Il dover fare i conti - e cercare di non soccombere - con le esigenze di un "padrone" - l'inserzionista - che non è il pubblico. E che a volte ha esigenze che potrebbero fare a pugni con quelle della buona e corretta informazione. Per non parlare della deontologia professionale. Con il progressivo sviluppo delle forme "free" di informazione (cioè di quella fornita gratuitamente) il rapporto tra l'impresa giornalistica e l'advertising diventa ombelicale e c'è il rischio che venga compromessa la qualità dell'informazione.<br />
5. La moltiplicazione dell'offerta e dei canali per ora non ha portato alla nascita di nuovi soggetti editoriali. Anzi, visto che il quadro legislativo lo ha consentito, c'è stato un progressivo consolidamento dei poteri esistenti.<br />
6. La rivoluzione informatica in redazione ha portato ad una drastica riduzione dei costi e a un aumento esponenziale della produttività individuale dei giornalisti. Da un altro punto di vista, però, questo ha prodotto una notevole standardizzazione del prodotto medio.<br />
7. Lo sviluppo dei sistemi per la gestione dei contenuti (e la loro resa in pagine Html) ha reso possibile nuove forme di giornalismo dal basso. Detto così sembra l'ennesima utopia, ma se si pensa che un gruppo di blogger Usa ha costretto al pensionamento Dan Rather - il mitico anchorman della Cbs, l'ipostasi del potere dell'informazione televisiva - si comprende la possibile portata del fenomeno.<br />
8. La "crossmedialità" dell'utente - una sorta di "consumo prensile" che moltiplica i punti vista e che può rendere conto della parzialità dell'informazione - può portare a una specie di disincanto nei confronti della figura professionale del giornalista. Una sensazione che viene enfatizzata dalla possibilità offerta dalla tecnologia che il cittadino - attraverso piattaforme di blogging gratuite - diventi, in piccolo, giornalista.

Programma esteso

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Bibliografia

In italiano:<br />
1. Angelo Agostini: "Giornalismi. Media e giornalisti in Italia", Il Mulino, 2004<br />
2. Angelo Agostini: "la Repubblica. Un'idea dell'Italia 1976-2006", il Mulino, 2005<br />
3. Andrea Bettini: "Giornali.it. La storia dei siti internet dei principali quotidiani italiani", Edit, 2006<br />
4. Milly Buonanno: "L'Età della televisione. Esperienze e teorie", Laterza, 2006<br />
5. Fausto Colombo: "Introduzione allo studio dei media", Carocci, 2003<br />
6. Giuseppe Granieri: "Blog Generation", Laterza, 2005<br />
7. Giuseppe Granieri: "La società digitale", Laterza, 2006<br />
8. Geert Lovink: "Zero Comments", Bruno Mondadori, 2008<br />
9. Sergio Maistrello: "La parte abitata della Rete", Tecniche Nuove, 2007<br />
10. Enrico Menduni: "I linguaggi della radio e della televisione", Laterza, 2006<br />
11. Enrico Menduni: "Fine delle trasmissioni. Da Pippo Baudo a YouTube", Il Mulino, 2007 <br />
12. Marco Pratellesi: "New Journalism", Bruno Mondadori, 2004<br />
13. Vittorio Sabadin: "L'ultima copia del New York Times", Donzelli, 2007<br />
14. Massimo Scaglioni, Anna Sfardini: "MultiTv. L'esperienza televisiva nell'età della convergenza", Carocci, 2008<br />
15. Carlo Sorrentino: "Il giornalismo. Cos'è e come funzione", Carrocci, 2002<br />
16. Carlo Sorrentino (a cura di): "Il campo giornalistico. I nuovi orizzonti dell'informazione", Carrocci, 2006<br />
17. Riccardo Staglianò: "Giornalismo 2.0", Carocci, 2003<br />
18. Tommaso Tessarolo: "NetTv", Apogeo, 2007<br />
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In inglese:<br />
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1. Chris Anderson: "The long Tail. Why the Future of Business Is Selling Less of More", Hyperion, 2006<br />
2. John Battelle: "The Search. How Google and Its Rivals Rewrote the Rules of Business and Trasformed Our Culture", Portfolio 2005<br />
3. Yochai Benkler: "The Wealth of Networks. How Social Production Transforms Markets and Freedom", Yale Univertity Press, 2006<br />
4. Tom Fenton: "Bad News.", ReganBooks, 2005<br />
5. Dan Gillmor: "We the Media. Grassroots journalism by the people for the people", O'Reilly, 2004<br />
6. Neil Henry: "American Carnival", University of California Press, 2007<br />
7. Henry Jenkins: "Fans, Bloggers and Gamers. Exploring Partecipatory Culture", New York University Press, 2006<br />
8. Henry Jenkins "Convergence Culture", New York University Press, 2006<br />
9. W. Lance Bennet, Regina G. Lawrence, Steven Livingston: "When the Press Fail", The University of Chicago Press, 2007<br />
10. Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searl, David Weinberger: "The Cluetrain Manifesto" Basic Books, 2000<br />
11. Charles Madigan (ed.) "-30- The Collapse of the Great American Newspaper", Ivan R. Dee, 2007<br />
12. Philip Meyer: "The Vanishing Newspaper", University of Missouri Press, 2004<br />
13. Chris Patertson, David Domingo( eds.): "Making Online News". The Ethnography of New Media Production", Peter Lang, 2008<br />
14. Glenn Reynolds: "An Army of Davids. How markets and technology empower ordinary people to beat big media, big government and other Goliath", Nelson Current, 2006<br />
15. Joseph Turow, Lokman Tsui (eds.): "The Hyperlinked Society. Questioning Connections in the Digital Age", University of Michigan Press, 2008<br />
16. David Weinberger: "Small Pieces Loosely Joined. A Unified Theory of the Web", Basic Books, 2002<br />
17. David Weinberger: "Everything is Miscellaneous", Times Book, 2007

Metodi didattici

Durante le lezioni è previsto l'uso di "slide" e di materiali multimediali. E' previsto anche un sito del corso (in pratica un weblog) in cui verranno pubblicate brevi sintesi delle lezioni che serviranno da integrazione e confronto con gli appunti presi dagli studenti.

Modalità verifica apprendimento

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Altre informazioni

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