Parma, 3 dicembre 2025 – Nel corso del 58° Congresso Nazionale della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, che si è svolto a Bologna, è stata presentato uno studio sulla prima epidemia di colera che colpì la città di Parma nel 1836.
Lo studio, frutto della collaborazione tra alcune e alcuni docenti del Laboratorio di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università di Parma (Roberto Albertini, Maria Eugenia Colucci, Cesira Pasquarella, Licia Veronesi) e Francesca Belmessieri dell’Archivio Storico del Comune, ricostruisce, attraverso i documenti custoditi negli archivi di Parma, la diffusione dell’epidemia e le misure di prevenzione e controllo messe in atto nel Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, governato dalla Duchessa Maria Luigia d’Austria, per fronteggiarla.
Confinato per secoli nella valle del Gange, il colera giunge a Parma con un primo caso notificato il 19 giugno 1836, a cui seguono numerosi altri “presi dal colera”, fino all’ultimo caso dell’11 ottobre 1836.
Nove pannelli ripercorrono le varie fasi dell’epidemia, e un video realizzato dai docenti Andrea Zerbi e Nazarena Bruno del Dipartimento di Ingegneria e Architettura visualizza la diffusione della malattia nei diversi quartieri di Parma, permettendo di seguire l’andamento del contagio e l’impatto sulle diverse aree urbane.
Lo studio mette in luce non solo l’impatto devastante della malattia, ma anche la notevole capacità organizzativa e la lungimiranza con cui le autorità sanitarie affrontarono l’emergenza. ll Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, nonostante la causa della malattia e la modalità di trasmissione non fossero note, ha mostrato una gestione proattiva dell’epidemia, con misure di sanità pubblica implementate già prima dell’arrivo del Cholera morbus e successivamente adattate all’evoluzione degli eventi.
Particolarmente significativo è il riferimento esplicito, presente in alcuni documenti, alla necessità “di purificare le mani con ripetute lavature di cloruro di calce”, anticipando di diversi anni l’evidenza scientifica fornita da Ignaz Semmelweis, che pochi anni dopo avrebbe dimostrato l’importanza di questa pratica nella prevenzione delle infezioni.
Non può mancare un parallelo con la recente pandemia di COVID-19: anche nel 1836 la popolazione dovette affrontare paura, isolamento, misure restrittive e incertezza.