Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma
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Parma, 23 giugno 2025 – Nei giorni scorsi è stato conferito all’Università di Parma un importante riconoscimento per la ricerca: il Best Paper Award assegnato in occasione del XII Workshop della rivista Azienda Pubblica (tra le più autorevoli in Italia nel campo del management pubblico) a uno studio firmato da Marco Ferretti, docente del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, e Isabella Mozzoni, docente del Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali, da Lorenzo Pratici, assegnista di ricerca del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, e da Marta Russotto, dottoranda del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali.

Lo studio premiato rientra nelle attività del gruppo di ricerca in penitentiary management, che coinvolge anche i dottorandi Gioacchino Benfante e Alessandro Casali, ed è focalizzato su un tema tanto complesso quanto trascurato: la misurazione delle performance del sistema penitenziario minorile.

A differenza di altri settori pubblici, come sanità o istruzione, dove esistono metriche consolidate per valutare i risultati, nel contesto penitenziario la performance si misura spesso in termini di eventi negativi che non si verificano – come episodi di autolesionismo, aggressioni, tentativi di suicidio. Partendo da questo presupposto, la ricerca si interroga su quali condizioni organizzative e manageriali possano prevenire questi fenomeni, migliorando le performance del sistema penitenziario non solo sotto il profilo gestionale, ma anche sociale ed economico.

A ispirare il lavoro è la teoria delle “finestre rotte” di Philip Zimbardo: piccoli segnali di degrado o trascuratezza possono innescare un deterioramento più profondo del contesto. Lo stesso può accadere all’interno delle strutture detentive minorili, dove la mancanza di attenzione e cura può sfociare in situazioni di grave disagio.

Nel paper si evidenzia il ruolo chiave dei programmi educativi e riabilitativi, e in particolare del contributo delle organizzazioni non profit nel creare un ponte tra il “dentro” e il “fuori”, cioè tra l’istituzione carceraria e la società civile. Una maggiore integrazione fra settore pubblico e terzo settore, sostenuta da modelli di governance più flessibili e da sistemi di accountability condivisi, può portare, secondo gli autori, a miglioramenti concreti e misurabili nel medio-lungo periodo, con benefici per l’intera collettività.

Tra le riflessioni conclusive, lo studio propone una provocazione importante nel dibattito pubblico: e se il problema delle carceri italiane non fosse solo la carenza di personale, ma piuttosto l’assenza di un modello di governance efficace e trasparente? In questa direzione, si apre la possibilità di sperimentare forme di partnership pubblico-privato o addirittura modelli di esternalizzazione parziale della gestione, come già avviene in altri contesti europei (Spagna e Portogallo in primis).

Il riconoscimento ottenuto rappresenta un segnale di attenzione importante verso tematiche spesso marginalizzate, contribuendo ad alimentare un dibattito informato e scientificamente fondato sul futuro del sistema penitenziario, con particolare attenzione alla giustizia minorile.

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