Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma
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Parma, 12 giugno 2025 – Sorpresa: al di sotto dell’Oman, nella parte nord-orientale della penisola arabica, c’è un plume (cioè un condotto di materiale caldo che “risale” dal fondo del mantello terrestre) mai individuato prima. Un plume continentale, quindi più raro di quelli oceanici, battezzato Dani plume.

L’ha individuato uno studio internazionale (Ghost Plumes Hidden Beneath Earth’s Continents) pubblicato da “Earth and Planetary Science Letters”, primi autori Simone Pilia, docente della King Fahd University of Petroleum and Minerals di Dhahran (Arabia Saudita) e il docente dell’Università di Parma Giampiero Iaffaldano.

Il mantello terrestre (che si estende al di sotto delle placche tettoniche fino a circa 2900 km di profondità) è in continuo movimento, sebbene a velocità bassissime per l’esperienza umana (cm o mm all’anno). Questi movimenti, che si manifestano in superficie attraverso i moti delle placche tettoniche, servono a trasportare materiale caldo dall’interno della terra verso la superficie, in modo da favorire la dissipazione del calore presente all’interno della terra sin dalla sua formazione. 

I plumes, condotti relativamente sottili di materiale particolarmente caldo che si estendono dal fondo del mantello fino in superficie, sono parte importante e integrante dei moti convettivi del mantello terrestre. “Per fare un’analogia, si potrebbe pensare ai plumes come alla risalita di materiale caldo in una lampada lava”, spiegano Simone Pilia e Giampiero Iaffaldano.

La comunità scientifica ha individuato diversi plumes attivi. Sono stati individuati per lo più al di sotto di placche tettoniche oceaniche, poiché sono relativamente più sottili delle placche continentali e risulta quindi più facile che un plume si manifesti attraverso la fuoriuscita in superficie del suo magma – ossia attraverso il vulcanismo. Ad esempio, le isole Hawaii o le Azzorre sono state create nel tempo in questo modo. 

Se da un lato il vulcanismo ha permesso di individuare diversi plumes al di sotto di placche tettoniche oceaniche, dall’altro il fatto che le placche continentali siano generalmente più spesse di quelle oceaniche fa sì che il vulcanismo associato a plumes al di sotto di continenti sia con molta probabilità assente. A riprova di questo, basti pensare che i plumes al di sotto di continenti riconosciuti con largo consenso dalla comunità scientifica sono appena due: Yellowstone negli Stati Uniti e Afar nel Corno d’Africa.

La novità di questo studio sta appunto nell’aver individuato, attraverso l’analisi di osservazioni e dati apparentemente disconnessi tra loro, un plume continentale mai identificato prima. “Le evidenze utilizzate sono di tipo sismologico e sedimentario, corredate da un’analisi geodinamica dell’effetto che il Dani plume ha avuto nel deflettere il moto della placca Indiana tra i 45 e i 25 milioni di anni fa. Il contributo principale dell’Università di Parma – osserva Giampiero Iaffaldano - è stato proprio questa analisi”.

“Più in generale, l’importanza dello studio sta nel mostrare che l’integrazione di dati e osservazioni apparentemente disconnessi fra loro può assumere valenza diagnostica nell’individuare la presenza di plumes in zone continentali. In ultima istanza – concludono Simone Pilia e Giampiero Iaffaldano - individuare la presenza di plumes ci aiuta a comprendere meglio i meccanismi di trasferimento di calore e materia all’interno della terra”.

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