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Parma, 30 ottobre 2013 - Un’importante ricerca sul mieloma multiplo, dal titolo Aurora and IKK kinases cooperatively interact to protect multiple myeloma cells from Apo2L/TRAIL, firmata dal dott. Paolo Lunghi e condotta in collaborazione con un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista americana Blood, organo ufficiale dell'American Society of Hematology (ASH).
Per questa importante ricerca sono stati determinanti i finanziamenti di Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) e di Fondazione Cariparma, assegnati al prof. Antonio Bonati.

«Il Mieloma Multiplo, malattia neoplastica del midollo osseo caratterizzata nelle forme più aggressive da una spiccata tendenza alla distruzione ossea, è una patologia per la cui terapia sono stati ottenuti recenti notevoli progressi», spiega il dott. Paolo Lunghi del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università di Parma, diretto dal prof. Loris Borghi.

L’introduzione di programmi di chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali ha migliorato sostanzialmente le prospettive di sopravvivenza dei pazienti più giovani, e recentemente lo sviluppo di nuovi farmaci non chemioterapici (Bortezomib, Lenalidomide, Talidomide, ecc) ha aperto nuove prospettive nella cura del Mieloma in tutte le fasce di età. La combinazione ragionata di chemioterapia, farmaci di nuova generazione ed autotrapianto sta ulteriormente migliorando la prognosi del mieloma, ma l’eterogeneità del decorso e lo sviluppo di resistenze spinge alla continua ricerca di nuovi farmaci o nuove combinazioni di farmaci che risultino essere più efficaci nella cura di questa patologia.

Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il nuovo studio, condotto su campioni di Mieloma Multiplo e su topi affetti da questa malattia, che ha dimostrato l’efficacia terapeutica di una nuova combinazione di due farmaci: gli inibitori delle Aurora chinasi (forniti dalle aziende farmaceutiche Nerviano Medical Sciences e Merck), che bloccano la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule tumorali, e Apo2/TRAIL, un farmaco già utilizzato nella cura dei tumori solidi.

L’efficacia di questa nuova terapia preclinica contro le cellule di Mieloma Multiplo, che spesso si sono dimostrate essere resistenti alle terapie convenzionali, é dovuta al fatto che gli inibitori delle Aurora chinasi sono in grado di attenuare i fenomeni di farmaco-resistenza di queste cellule e di conseguenza renderle più sensibili all’azione dei farmaci antitumorali come Apo2/TRAIL.

«In particolare – continua il dott. Lunghi - siamo riusciti a dimostrare che nelle cellule di Mieloma le proteine Aurora chinasi ed IKK chinasi si legano e interagiscono tra loro per formare una sorta di scudo protettivo che le protegge dall’azione del farmaco Apo2/TRAIL; gli inibitori delle Aurora chinasi bloccano le funzioni di queste proteine e impediscono il loro legame con le IKK chinasi, evitando così di fatto la formazione di questo scudo protettivo e rendendo di conseguenza le cellule di Mieloma più vulnerabili all’azione di Apo2/TRAIL. L’effetto terapeutico di questa nuova combinazione è stato dimostrato anche sui tumori di Mieloma resistenti al bortezomib, farmaco di nuova generazione utilizzato recentemente nella terapia del Mieloma; infatti utilizzando topi affetti da Mieloma Multiplo Umano resistente a diversi farmaci antitumorali, fra cui il bortezomib, siamo riusciti a dimostrare che questa nuova terapia era in grado di uccidere le cellule tumorali con effetti collaterali minimi sulle cellule normali del midollo osseo; infatti i topi che avevano ricevuto questa nuova terapia mostravano una riduzione della massa tumorale di circa il 90% e una sopravvivenza media sei volte maggiore dei topi non trattati: 90 giorni contro 14 giorni.Gli incoraggianti risultati di questo studio preclinico forniscono le basi biologiche per la generazione di trials clinici potenzialmente in grado di migliorare la prognosi di pazienti affetti da mieloma multiplo».

Questa ricerca è partita nel 2010, con un gruppo che vede la collaborazione del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell'Università di Parma con Laura Mazzera (primo nome di questo studio, il cui apporto è stato determinante), Manuela Abeltino, Nicola Giuliani e Antonio Bonati, del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie con Attilio Corradi, Anna Maria Cantoni e Gaetano Donofrio e dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna con Guerino Lombardi e Micaela Ricca

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