Parma, 17 agosto 2009 - Imitare è per l'uomo una forma di adulazione. Da alcuni studi risulta che le persone che imitano gesti sono preferite a chi non lo fa. Secondo infatti un recente studio, pubblicato su Science il 14 Agosto, condotto da Pier Francesco Ferrari del Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell'Università di Parma, da Annika Paukner e Stephen J. Suomi del National Institutes of Health e da Elisabetta Visalberghi del Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione di Roma, sembra che si tratti di un meccanismo già presente nelle scimmie e che si è evoluto per promuovere buoni rapporti interpersonali fra individui. In breve, si è visto che quando un ricercatore imita il comportamento di una scimmia ed un altro ricercatore invece esegue le stesse azioni, ma non in sincronia con quelle della scimmia, costei preferisce sistematicamente la compagnia dell'imitatore a quella del non-imitatore. Inoltre la scimmia predilige l'imitatore anche quando deve scegliere fra i due per scambiare un oggetto per ottenere un premio. Si sa che le persone spesso adottano posture del corpo, atteggiamenti e gestualità tipiche di coloro con cui interagiscono. Per ambo le parti ciò avviene in maniera inconscia. Sorprendentemente, coloro che vengono imitati sentono un feeling positivo e una maggiore empatia nei confronti di chi li imita. Si è anche visto che in certe situazioni le persone sono più inclini ad aiutare gli imitatori che i non imitatori; ad esempio, al ristorante possono lasciare mance più generose ad un cameriere che li ha in una certa misura imitati piuttosto che ad un cameriere che non lo ha fatto. E' come se attraverso l'imitazione si canalizzassero le preferenze sociali e di fatto si rafforzassero i legami sociali fra individui. Prima di questo studio, non esistevano prove che anche in altre specie, oltre che nella nostra, esistesse questa tendenza a formare legami positivi con chi imita. I ricercatori hanno scelto i cebi dai cornetti per il loro studio perché queste scimmie sono sociali, tolleranti e flessibili nei loro comportamenti. Durante l'esperimento a ciascun cebo veniva data una pallina di plastica con la superficie bucherellata, all'interno della quale erano stati introdotti una manciata di uva sultanina, che a stento passava dai buchi. Due sperimentatori stavano di fronte al cebo, ciascuno con una palla in mano. «Le scimmie cercavano di estrarre l'uvetta infilando le dita nei buchi, sbattendo la palla a terra o mordendola per allargare i buchi», racconta Elisabetta Visalberghi dell'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del CNR. «E questi tre comportamenti venivano esattamente ripetuti da uno sperimentatore imitatore, mentre l'altro compiva le stesse azioni in modo asincrono: quando il cebo mordeva la palla, lo sperimentatore non-imitatore infilava le dita nei buchi della propria palla, quando il cebo infilava le dita lo sperimentatore batteva la palla e quando il cebo batteva la palla lo sperimentatore mordeva». Dopo questo semplicissimo "trattamento" i cebi tendevano a passare più tempo vicino allo sperimentatore che li aveva imitati che con l'altro. «E' come se avessero sviluppato un senso di vicinanza, di amicizia nei confronti dell'imitatore», aggiunge Pier Francesco Ferrari dell'Università di Parma. Quando poi alle scimmie è stata data la possibilità di scambiare un "token" con uno degli sperimentatori per ricevere una nocciolina, le scimmie hanno preferito farlo con lo sperimentatore imitatore, nonostante il fatto che ambedue gli sperimentatori offrissero loro lo stesso cibo. «La tendenza a scambiare con lo sperimentatore che ha avuto il ruolo di imitatore è significativamente aumentata dopo il "trattamento"», spiega la Visalberghi. Molte attività vengono svolte in relativa sincronia dai vari membri del gruppo. Quando i cebi mangiano, si spostano o minacciano un predatore spesso tendono a fare le stesse cose allo stesso tempo. E' possibile che questa facilitazione sociale nell'espressione dei comportamenti favorisca la coesione sociale e la formazione di rapporti particolarmente stretti che, a loro volta, riducono le tensioni fra individui promovendo invece tolleranza e cooperazione. «Alcuni hanno sostenuto che imitazione e disponibilità verso gli altri abbiano avuto un ruolo importante nell'evoluzione della nostra specie perché hanno permesso il mantenimento di buone relazioni fra gli individui», commenta Pier Francesco Ferrari. «Noi proponiamo che lo stesso principio valga anche per altre specie di primati, come i cebi». Questa ricerca potrebbe avere inoltre alcuni implicazioni nello studio di alcune psicopatologie presenti nell'uomo nel corso dello sviluppo. Secondo Pier Francesco Ferrari «l'osservazione che l'imitazione sia efficace nel promuovere legami affiliativi tra i primati potrebbe stimolare nuove ricerche nell'uomo, in particolare su alcuni disturbi dello sviluppo, quali l'autismo, in cui l'imitazione e le competenze sociali sono particolarmente deficitarie». Per informazioni: Elisabetta Visalberghi, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr, Roma, tel. 06/3221252, e-mail: elisabetta.visalberghi@istc.cnr.it Pier Francesco Ferrari, Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università di Parma, 0521/903881 opp. 0521/243181, cellulare 339 1918501; e-mail: pierfrancesco.ferrari@unipr.it
Documenti allegati PDF Articolo "Capuchin Monkeys Display Affiliation Toward Humans Who Imitate Them"