Alma universitas studiorum parmensis A.D. 962 - Università di Parma

Parma, 21 dicembre 2020 –  Nell’ambito dell’ultimo bando della Ricerca Finalizzata del Ministero della Salute, l’IRCCS Fondazione Stella Maris ha vinto il primo progetto, guidato dalla dott.ssa Giuseppina Sgandurra, ricercatrice della Stella Maris e dell’Università di Pisa. Lo studio è dedicato ad estendere le precedenti esperienze di AOT (terapia riabilitativa basata sulla scoperta dei neuroni specchio, ossia la corrispondenza tra azione osservata e azione eseguita) dai bambini con paralisi cerebrale a tipo emiplegia (paralisi a uno dei due lati del corpo) a quelli con diplegia (paralisi a entrambi i lati).

Lo studio avrà la collaborazione di partner di grande rilevanza e in particolare, il prof. Giovanni Cioni, direttore scientifico dell’IRCCS Stella Maris, il prof. Adriano Ferrari dell’Azienda USL IRCCS di Reggio Emilia ed il prof. Leonardo Fogassi del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma. Partecipa al progetto anche la giovane terapista Elena Beani, che da sempre ha collaborato nel portare avanti questo tipo di progetti di successo.

Questo pool di ricercatori è stato fra i primi a sperimentare l’AOT nei bambini con paralisi cerebrale, in particolare nell’emiplegia. Inoltre, ha lavorato alla progettazione, analisi dei dati clinici e risonanza magnetica di questo nuovo approccio riabilitativo, sperimentando anche l’utilizzo di un supporto tecnologico con Tele-UPCAT, il progetto anch’esso finanziato dal Ministero della Salute nel 2011 che ha visto protagonista la stessa dott.ssa Sgandurra. Quello studio ha ottenuto risultati ottimi, che hanno permesso all’AOT di essere annoverata tra gli approcci più validati scientificamente nella riabilitazione dell’arto superiore nei bambini con PCI.

«Nell’ambito delle nuove prospettive della medicina personalizzata - dice la dott.ssa Sgandurra - abbiamo sempre asserito che non era possibile utilizzare gli esercizi proposti al bambino con emiplegia per i bambini con diplegia per la compromissione bilaterale dei loro arti superiori. Per questo, appena dimostrato scientificamente che l’AOT funziona e che si può praticare direttamente a casa del bambino, abbiamo ideato un nuovo progetto per il recupero della manipolazione nei bambini con forme diplegiche».

«Anche in questo caso gli esercizi sono personalizzati alle specifiche richieste riabilitative del singolo paziente. L’interesse verso i pazienti diplegici - aggiunge il prof. Adriano Ferrari- è giustificato non solo dal loro numero, inferiore di poco solo a quello dei bambini emiplegici, ma dal fatto che il recupero della capacità di manipolazione in questi pazienti è stato troppo a lungo oscurato dalla attenzione rivolta ai problemi del cammino».  

«Questo progetto - sottolinea il prof. Leonardo Fogassi - ci darà un’importante opportunità, come per i precedenti progetti nei bambini emiplegici, di mettere in evidenza le modificazioni cerebrali alla base degli effetti della terapia nei diplegici».

«L’utilizzo della tecnologia Khymeia, industria italiana di apparecchiature biomedicali, permetterà di implementare per la prima volta l’AOT in una replicabile struttura di tele-riabilitazione. Il nostro progetto è stato giudicato così valido - spiega la dott.ssa Sgandurra - da meritare un ulteriore finanziamento da parte dell’AACPDM, la più grande associazione Americana sulla paralisi cerebrale infantile, per effettuare uno studio pilota mirato, prima di iniziare quello più complesso finanziato dal Ministero della Salute. Entrambi gli studi verranno condotti su bambini eleggibili afferenti per la terapia rieducativa alla Fondazione Stella Maris di Pisa e alla Unità per le gravi disabilità infantili dell’IRCCS AUSL di Reggio Emilia».

Commenta il prof. Giovanni Cioni: «Tra le caratteristiche del progetto che hanno permesso di superare la concorrenza delle centinaia di proposte presentate al Ministero della Salute, voglio ricordare la sua interdisciplinarità, che mette insieme le scienze neurologiche e riabilitative sul bambino, le neuroscienze di base e le nuove tecnologie ICT, applicate ad un disturbo neurologico, molto grave per sue conseguenze per il bambino e la sua famiglia e non raro».

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